Il direttivo

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giovedì 29 dicembre 2011

L'AMORE UMANO NELLA VISIONE DI GIOVANNI PAOLO II

“Il corpo, in ragione della sua sostanziale unità con un’anima spirituale è dotato d’un linguaggio e significato sponsali”.
Questo in sintesi è quanto emerso dal 4° incontro del seminario organizzato dal Movimento per la vita di Marsala. All'incontro, tenuto da don Nicola Patti, sul tema della "Teologia del Corpo", hanno partecipato circa 80 persone.
L’intero seminario - spiegano gli organizzatori - intende dare un'equilibrata e interdisciplinare visione del corpo, che serva anche di base a riflessioni ulteriori e che possa rispondere alle questioni riguardanti la dignità e la grandezza del corpo.
Don Nicola Patti
Il relatore, parroco della parrocchia Madonna della Sapienza in Via Giovanni Falcone, ha tratto spunto per la sua riflessione dalle 128 catechesi che Giovanni Paolo II tenne durante le udienze del mercoledì dal 5 settembre 1979 al 28 novembre 1984 e attraverso le quali il Papa ha risposto alla rivoluzione sessuale con un insegnamento innovativo sulla sessualità umana.
Egli percepiva che la prossima eresia che la Chiesa avrebbe dovuto affrontare sarebbe stata di natura sessuale. Oggi, vivendo nel XXI secolo, non abbiamo certo difficoltà a riconoscere l’enorme sfida di fronte a noi.
Giovanni Paolo II non ha cambiato nulla dell’insegnamento della Chiesa sulla sessualità.
È l’approccio del Papa che è innovativo.
Egli è molto sensibile all’esperienza umana, anche per la sua sensibilità pastorale e il suo bagaglio filosofico.
Se si prende invece la “Humanae Vitae” di Paolo VI, si vede che l’approccio è diverso. Parte dai principi per arrivare alle conclusioni. Giovanni Paolo II invece fa appello all’esperienza per poi trarre le conclusioni. È evidente che questo approccio è più attraente per la mentalità del nostro tempo.
Ma Giovanni Paolo II riporta la sessualità nel suo contesto relazionale ed afferma in modo piuttosto radicale che i nostri corpi sono piuttosto relazionali che sessuali.
In altre parole la sessualità è al servizio dei rapporti umani, fecondi e duraturi. Attraverso l’atto unitivo di uno uomo e una donna nel matrimonio, essi giungono ad una nuova consapevolezza di chi sono come creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio.
La sessualità quindi è funzionale ai rapporti umani. La sessualità è importante per la teologia del corpo, ma il corpo è fatto per le relazioni e allora, solo allora, la sessualità trova il suo autentico significato.
È per questo che le persone celibi traggono grande conforto dalla teologia del corpo. Quando l’aspetto relazionale assume il suo ruolo di primo piano, solo allora la sessualità trova il suo posto.
Il sesso è ben più del solo piacere. È quell’atto simbolico in cui marito e moglie reciprocamente si accettano in modo totale e in modo totale reciprocamente si donano.
I nostri corpi e la nostra sessualità sono fatti per l’amore e non per un mera scappatella fugace di piacere.
Questa esperienza potrà aiutare i giovani a capire il significato della propria libertà: non semplicemente come una mera possibilità di scelta, ma piuttosto come un misterioso potere che abbiamo ricevuto per donare la nostra vita agli altri e al Signore.

Scrive Don Nicola Patti sul seminario “Educare alla sessualità, educare alla vita”

Il seminario promosso dal Movimento della vita di Marsala (“Educare alla sessualità, educare alla vita”) e indirizzato a educatori, genitori e giovani, ha come obiettivo, o meglio come premessa, quello di rileggere criticamente alcune teorie che, a nostro avviso, appaiono destrutturanti la crescita umana integrale del soggetto, come ad esempio la “teoria dei generi”.
“L’aver separato, all’interno della sessualità, l’aspetto unitivo da quello fecondo, ha prodotto conseguenze devastanti, non soltanto sul piano morale ma, con il passare dei decenni, anche sul piano psicoantropologico.
Tutti coloro che sono nati dopo gli anni Settanta-Ottanta, sono cresciuti in un clima culturale pansessualista e ipereroticizzato. Si assiste a una “destrutturazione” dell’aspetto psicoaffettivo della personalità umana.
Nell’attuale contesto socioculturale, è purtroppo necessario riconoscere quella che definirei la “caduta di significato” della affettività, in generale, e della sessualità, in particolare. Non è un mistero che, in taluni ambiti, alcuni giovani vivano un esercizio completo della genitalità, con la disinvoltura con cui ci si può stringere la mano, presentandosi!
Un tale contesto disorientato e disorientante non ha conseguenze unicamente nella sfera psicosessuale, ma investe l’intero ambito relazionale delle persone. Il crescere in un contesto iper eroticizzato, nel quale, quasi inconsciamente, si respira una sessualità disordinata, ha conseguenze anche sull’agire quotidiano delle persone e sul loro ordinario relazionarsi.
Uno degli aspetti più determinanti ed influenti di questo contesto pansessualistico è la così detta ―teoria dei generi. La teoria del gender è un'ideologia a sfondo utopistico basata sull'idea, già propria delle ideologie socio-comuniste, che l'eguaglianza costituisca la via maestra verso la realizzazione della felicità. Negare che l'umanità è divisa tra maschi e femmine è sembrato un modo per garantire la più totale e assoluta eguaglianza - e quindi possibilità di felicità - a tutti gli esseri umani. Nel caso della teoria del gender, all'aspetto negativo costituito dalla negazione della differenza sessuale, si accompagnava un aspetto positivo: la totale libertà di scelta individuale, mito fondante della società moderna. La trasformazione sociale in corso sta muovendosi verso la cancellazione di tutte le differenze anche di quella, fondamentale in tutte le culture, fra donne e uomini. Oltre che infondata, la teoria del gender sottintende una visione estremamente pericolosa, facendo credere che la differenza sia sinonimo di discriminazione.
La dissociazione sesso/gender rompe l’unità ontologica della persona e la fa divorziare, per così dire, da se stessa. L’individuo deve poter “scegliere, deve potersi determinare in modo radicalmente libero. A questa pretesa libertà si arriva mediante un processo di liberazione da ciò che è dato, dalla realtà, dalla natura, dalle tradizioni, dalle peculiarità femminili e maschili. Dissociate dal sesso, femminilità e mascolinità diventano inter-scambiabili e finiscono per non avere più contenuto.
La teologia del corpo di Giovanni Paolo II, che sarà uno degli argomenti del seminario, è la vera risposta contro queste ideologie disumanizzanti.
Gli incontri,  aperti a tutta la città di Marsala,  a partire dal 4 novembre p.v. alle ore 18,00, si svolgeranno nei locali della parrocchia “Madonna della Sapienza” nel rione Sappusi a Marsala, messi a disposizione dalla comunità parrocchiale che per l’occasione ospita il Movimento per la Vita.
Don Nicola Patti

martedì 6 dicembre 2011

SESSUALITA': IL LINGUAGGIO DELL'AMORE

Don Vincenzo Greco, prof. di Teologia Morale

Sentire parlare un sacerdote di amore coniugale e dell’atto sessuale fa sempre uno strano effetto.
“È bello sentir parlare un prete dell’atto sessuale in modo così sublime – rifletteva al termine dell’incontro un partecipante al seminario –. Noi coniugi riusciamo difficilmente a percepirne il valore spirituale”.
Sicuramente ci si chiederà perché mai si è pensato di far parlare proprio don Vincenzo Greco, un sacerdote, di un gesto e di un argomento che riguarda una coppia di sposi.
Semplicemente perché attraverso il seminario “EDUCARE ALLA SESSUALITA’, EDUCARE ALLA VITA”, si voleva in questo terzo incontro approfondire l’educazione alla sessualità sotto il profilo morale (dopo averlo fatto nei precedenti incontri sotto il profilo filosofico e medico), e Greco è professore di Teologia morale.
Nella breve premessa al suo incontro, il relatore ha sottolineato come sia errato pensare la sessualità solo a livello biologico (sesso genetico, sesso somatico, sesso genitale). La sessualità infatti va considerata anche a livello psichico (identità di genere) e a livello spirituale.
Allo stesso modo, l’amore – che è il contesto della sessualità – può essere descritto come agape “l’amore è da Dio” o estasi (livello spirituale); eros (livello biologico); filia intesa come stima, amicizia simpatia, comunanza etica, altruismo, libertà, gratuità, non esclusività (livello psicologico).
Solo se tra due persone ci saranno contemporaneamente agape, eros e filia la sessualità tra di essi sarà espressione di amore; altrimenti sarà solo fare uso dell’altra persona.
La più alta manifestazione di questo tipo di amore è l’amore coniugale: un sentimento che – ha detto don Vincenzo – appartiene alla volontà attraverso la libertà della scelta (conoscenza durante il fidanzamento); è prevalentemente amore di amicizia ed è connotato dal dono totale ed intimo di sé.
Solo in questo contesto l’atto sessuale può essere visto come culmine espressivo dell’amore coniugale e la sessualità come linguaggio dell’amore che ha due significati oggettivi inscindibili:
UNITIVO e PROCREATIVO.
Prima di tutto, l’atto coniugale significa donazione totale di sé e accettazione totale dell’altro.
Allo stesso tempo indica accettazione della vocazione ad essere padre e madre.
La fondamentale adesione alla fecondità – ha continuato il relatore – deve poi attuarsi in modo responsabile. Occorre regolare di comune accordo, senza grettezza e calcolo, il numero e il momento opportuno delle nascite tenendo conto del bene dei coniugi; dell’educazione dei figli che nasceranno e di quelli già nati; delle condizioni generali della società.
Può così considerarsi autentico solo il comportamento che mette insieme la responsabile regolazione delle nascite e la disponibilità effettiva di accogliere la vita.
È facile comprendere come il ricorso ai ritmi naturali rispetta la completa varietà oggettiva, non solo biologica ma anche simbolica, dell’atto sessuale; nello stesso tempo favorisce la crescita di altri valori: dominio di sé, rispetto dell’altro, dialogo, tenerezza.
Al contrario l’aborto, i mezzi contraccettivi (Per di più molto spesso non si tratta di contraccettivi, ma di abortivi mascherati),la fecondazione artificiale, quali che sia l’intenzione soggettiva, rendono oggettivamente falso il gesto dell’amore coniugale, perché appunto separano il significato unitivo da quello procreativo.
Imparare a parlare il linguaggio dell’amore non è poi così tanto semplice – ha infine riferito don Vincenzo Greco –.
La mancanza di maturità affettiva e le ferite del peccato possono rappresentare un grosso ostacolo.