“La vita corporea, fisica, dell’uomo è il valore fondamentale (principio di indisponibilità), per mezzo del quale la persona umana si realizza ed entra nel tempo e nello spazio, manifesta la propria libertà, progetta il futuro, manifesta la socialità entrando in relazioni con gli altri. Soltanto il bene spirituale e totale della persona si colloca sopra il valore fondamentale della vita fisica, e solo a motivo del bene spirituale della persona è possibile sacrificare la vita corporea.
Dal riconoscimento del valore fondamentale della vita fisica scaturisce il riconoscimento del diritto fondamentale alla vita fisica (principio di inviolabilità), diritto che non può essere violato neppure per favorire la vita di altri, perché la persona umana è fine in sé, totalità di valore e non una parte della società”.
Ci aveva lasciato con queste appassionanti considerazioni il prof. Mirabile al termine del secondo incontro. Egli tuttavia ci aveva avvisato su come sia frastornata e distratta la nostra società, in cui sembra oscurarsi la luce della vita; allo stesso tempo ci ha spronati facendoci riflettere su quanto sia fondamentale che in questa società, ci siano persone, soprattutto giovani pronti a prendersi cura della vita.
A darci un quadro più chiaro e delineato, a tratti sconfortante, del contesto culturale odierno, è intervenuto nel terzo incontro del seminario il dott. Vincenzo Savatteri, responsabile del Ser.T. di Marsala, criminologo e docente di Criminologia all’Università degli studi di Palermo e Messina e illustre esperto di fenomeni isoterici.
Appare ormai a tutti evidente quanto, in una società caratterizzata dall’individualismo esasperante e dalla mancata percezione dei veri valori della vita, sia venuta meno la responsabilità di ognuno di prendersi cura dell’altro, della vita dell’altro.
Sorge invece qualche dubbio in merito ai vari interessi che inducono intere generazioni ad avere determinati comportamenti che stanno sempre più disintegrando i vecchi modelli delle relazioni umane e sociali.
Il dott. Savatteri, partendo da recenti fatti di cronaca, ha spiegato ai partecipanti del seminario in che modo, attraverso un linguaggio subdolo, ambiguo, premeditato e scrupoloso, si diffonde una cultura della morte.
È ormai prassi assodata quella di camuffare significati gravi e inaccettabili con parole poco comprensibili o gradevoli o addirittura attraenti (interruzione di gravidanza anziché aborto/omicidio; dolce morte o eutanasia anziché privazione della libertà; etc…).
Fra i casi eclatanti il dott. Savatteri ha citato la stanza della morte in Svizzera chiamata “dignitas” (una struttura