Il direttivo

Il direttivo

mercoledì 21 aprile 2010

TERZO INCONTRO CORSO DI SENSIBILIZZAZIONE "L'INVIOLABILITA' DELLA VITA UMANA"

IL DIRITTO ALLA VITA NELLA MODERNA DOTTRINA DEI DIRITTI UMANI


«Cos’è la vita? Stiamo parlando di un concetto omnicomprensivo che contraddistingue ogni esser umano, in qualunque fase del suo divenire, il cui ultimo atto si conclude con la morte. Al di fuori di questo evento tutto il resto è vita, egualmente degna di essere vissuta nel rispetto di un diritto non neutrale, piuttosto attento al mondo dei valori».


Sono queste le parole rivolte ai partecipanti del Corso di sensibilizzazione “L’INVIOLABILITA’ DELLA VITA UMANA” promosso dal Movimento per la Vita di Marsala, con cui ha dato inizio la relazione la Dottoressa Silvio Bosio, dottore di ricerca in Bioetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Durante l’incontro, la dottoressa Bosio, ha illustrato il lungo, complicato e non ancora completo processo attraverso il quale siamo giunti all’attuale sistema politeistico di valori (libertà, uguaglianza, responsabilità e giustizia sociale), mostrandoci che pur se la storia del diritto a vivere ha lontanissimi precedenti istituzionali che possiamo far risalire sino ai tempi dell’antica Mesopotamia (codice di Hammurabi del 1750 a.C., nel quale l’omicidio era punto col massimo della pena), bisogna attendere l’attuale epoca moderna per l’affermazione positiva delle pretese fondamentali dell’uomo, in chiave sociale. Il discorso vale soprattutto per il diritto alla vita che riceve una più ampia e puntuale attenzione solo nei recenti documenti internazionali.

Purtroppo però l’attuale ordinamento risulta ancora troppo neutrale e relativista, incapace di assumere una decisione morale oggettiva e soprattutto di segnalare l’ambito dei soggetti da proteggere. Purtroppo un diritto debole, pur se ecumenico, si risolve in un meccanismo meramente tecnico e procedurale, sicuramente distante dai giudizi di valore e dunque dai principi sanciti nella moderna dottrina dei diritti umani.

Vi è da chiedersi – ha poi continuato la Bosio – se di fronte alle grandi trasformazioni della medicina e della biologia che coinvolgono sia la nascita che la morte umana, il valore della vita sia sempre un diritto fondamentale e inviolabile per tutti. Ma per rispondere a questa domanda sino in fondo, bisogna porsi con umiltà un’altra domanda ancora: quando i diritti umani diventano fondamentali? Poiché è opportuno ricordare infatti che né la Dichiarazione Universale all’art. 3 né tanto meno il patto internazionale del ’66, stabiliscono qual è il momento di inizio della tutela alla vita.

Rispetto all’interesse e al bene dell’essere umano e alla sua dignità, nemmeno gli interessi della società e della scienza possono porsi in una posizione di superiorità. Così recita la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina del 4 aprile 1997.

Ora come intendiamo gestire l’innegabile dignità di una nuova vita in corsa verso il suo futuro: affidandoci ad un uso razionale e coerente dello strumento giuridico o alle nostre preferenze personali? In quest’ultimo caso, dovremmo ammettere che un figlio non voluto o programmato, sia un appendice del nostro desiderio, senza una sua precisa identità e con una dignità minore. Forse basterebbe la sufficienza del dubbio per sostenere che quella embrionale corrisponda ad una vera e propria esistenza personale?

L’errore metodologico di fondo – ha fatto capire la dottoressa Bosio – consiste nell’affrontare impropriamente la questione ontologica dell’embrione sotto la prospettiva della potenzialità, perdendo di vista la grande lezione di “Aristotele” il quale invece insegnava che “ciò che è in atto è anche in potenza […] così l’embrione è già uomo in atto”.
 
La Bosio ha quindi concluso il suo brillante intervento evocando il parere del Consiglio Nazionale di Bioetica del 2003 secondo cui gli embrioni “sono vite umane a pieno titolo” per i quali “esiste il dovere morale di sempre rispettarli e sempre proteggerli nel loro diritto alla vita”. In questa prospettiva, si realizzerebbe appieno la funzione antropologica del diritto che è ricerca della verità nella giustizia, a difesa dei più deboli.

Nessun commento:

Posta un commento